Introduzione. Negli ultimi dieci anni, la tecnologia ha trasformato quasi ogni aspetto delle nostre vite senza che noi avessimo il tempo di riflettere e fermaci un attimo. Nella casa di ognuno, su ogni scrivania, nella mano di ciascuno troviamo uno schermo al plasma, uno smartphone, uno schermo nero emblema dell’esistenza umana nel 21esimo secolo. La nostra presa sulla realtà sta venendo meno. Adoriamo Google e Apple. Gli algoritmi di Facebook ci conoscono meglio dei nostri parenti. Abbiamo accesso a tutte le informazioni possibili, ma nel nostro cervello non c’è spazio per assorbire più dei 140 caratteri di un tweet. Queste sono le parole con cui la società televisiva Endemol ha annunciato la prima serie di Black Mirror nel 20111. Oggi la serie britannica, ideata da Charlie Brooker e distribuita prima da Channel 4 e poi dal colosso Netflix, è arrivata alla sua quarta stagione con 19 puntate alle spalle. Nonostante diverse siano state nel corso degli anni le riflessioni e le critiche nei confronti di Black Mirror, il filo conduttore è l’utilizzo che facciamo degli strumenti tecnologici presenti negli episodi – dagli smartphone agli impianti cerebrali, dall’intelligenza artificiale ai videogames – in un’ambientazione distopica, non troppo lontana dalla realtà contemporanea. Viene spontaneo chiedersi come e perché Black Mirror abbia avuto un così grande successo. Le motivazioni sono diverse e verranno approfondite nel corso del presente scritto: da una parte la serie televisiva britannica si inserisce in un formato innovativo e poco usato – la serie antologica – attraverso una piattaforma piuttosto recente, quella di Netflix; dall’altra troviamo un rinnovato interesse nei confronti delle distopie suscitato, almeno in parte, dalla sua trasformazione da genere di nicchia a trend culturale dominante...

Black mirror: il lato oscuro della tecnologia(2018 Jun 14).

Black mirror: il lato oscuro della tecnologia

-
2018-06-14

Abstract

Introduzione. Negli ultimi dieci anni, la tecnologia ha trasformato quasi ogni aspetto delle nostre vite senza che noi avessimo il tempo di riflettere e fermaci un attimo. Nella casa di ognuno, su ogni scrivania, nella mano di ciascuno troviamo uno schermo al plasma, uno smartphone, uno schermo nero emblema dell’esistenza umana nel 21esimo secolo. La nostra presa sulla realtà sta venendo meno. Adoriamo Google e Apple. Gli algoritmi di Facebook ci conoscono meglio dei nostri parenti. Abbiamo accesso a tutte le informazioni possibili, ma nel nostro cervello non c’è spazio per assorbire più dei 140 caratteri di un tweet. Queste sono le parole con cui la società televisiva Endemol ha annunciato la prima serie di Black Mirror nel 20111. Oggi la serie britannica, ideata da Charlie Brooker e distribuita prima da Channel 4 e poi dal colosso Netflix, è arrivata alla sua quarta stagione con 19 puntate alle spalle. Nonostante diverse siano state nel corso degli anni le riflessioni e le critiche nei confronti di Black Mirror, il filo conduttore è l’utilizzo che facciamo degli strumenti tecnologici presenti negli episodi – dagli smartphone agli impianti cerebrali, dall’intelligenza artificiale ai videogames – in un’ambientazione distopica, non troppo lontana dalla realtà contemporanea. Viene spontaneo chiedersi come e perché Black Mirror abbia avuto un così grande successo. Le motivazioni sono diverse e verranno approfondite nel corso del presente scritto: da una parte la serie televisiva britannica si inserisce in un formato innovativo e poco usato – la serie antologica – attraverso una piattaforma piuttosto recente, quella di Netflix; dall’altra troviamo un rinnovato interesse nei confronti delle distopie suscitato, almeno in parte, dalla sua trasformazione da genere di nicchia a trend culturale dominante...
14-giu-2018
2017/2018
Rossi, Sofia Erica
Bellone, Michele
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.11767/77523
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