Il presente prodotto è un long form intitolato “Vite costrette in un database: l’insensibilità dei dati rilasciati sui confini europei – Le frontiere dell’Unione diventano sempre più intelligenti e automatizzano le identità. Oltre i muri fisici e virtuali, le storie delle persone”. Focus del prodotto è l’analisi delle implicazioni del rilascio dei dati personali e sensibili da parte di cittadini di paesi terzi all’arrivo in Europa, nonché della “viaggio” di tali dati attraverso gli archivi europei a partire dal momento dell’identificazione alle frontiere, e non solo durante la fase di ottenimento di uno status giuridico nell’Unione Europea, ma anche dopo il conseguimento della piena regolarizzazione. Il prodotto analizza dunque l’uso dei dati inseriti all’interno dei dispositivi tecnologici, dei registri digitali, dei database che le Polizie europee e le ONG/associazioni utilizzano in fase di identificazione dei migranti sui nostri confini. Esiste un grande filone di denuncia dell’uso dei dati di una categoria giuridicamente “fragile” come è quella dei migranti irregolari, e all’interno di questo filone rientrano in particolare gli abusi, sia in termini di motivazioni per richiedere la cessione dei dati (spesso senza un’applicazione corretta della normativa GDPR), sia in termini di bias e pregiudizi insiti nelle tecnologie che nel tempo sono state implementate per automatizzare l’identificazione e la raccolta di dati biometrici; tuttavia, la riflessione di questo prodotto vorrebbe essere un po’ più ampia, e riguardare la delicatezza del dato (in particolare, di dati sensibili e personali come sono quelli rilasciati dai migranti ai confini); studi recenti hanno dimostrato che rifugiati e richiedenti asilo effettuano un vero e proprio baratto dei propri dati personali e biometrici in cambio di accoglienza o di informazioni per proseguire il loro viaggio, e anche se avessero la possibilità di fornire un consenso informato e potessero appieno comprendere il motivo del trattamento dei loro dati personali e biometrici sui confini europei, la situazione di vulnerabilità e dimarginalizzazione nella quale si trovano non gli permetterebbe di opporsi o di chiedere modifiche così come è invece possibile fare a qualsiasi regolare cittadino italiano o europeo. Di fronte a questo inevitabile squilibrio di potere giuridico, fino a che punto è lecito cedere i propri dati, e quali, nella fase di identificazione? Il soggetto del long form è dunque la persona migrante che giunge in Italia in maniera “irregolare”, ovvero eludendo i controlli statali alle frontiere, senza le tutele dei corridoi umanitari (dispositivo che consente ai cittadini di paesi terzi di giungere in Europa tramite un viaggio sicuro e di permanere in uno stato-membro con un apposito permesso di soggiorno) e senza le autorizzazioni date ai migranti stagionali in entrata in Italia tramite decreto-flussi. È utile ricordare che, quando si parla di migranti in arrivo in Italia, la categoria degli “irregolari” è di gran lunga quella prevalente, dal momento che è quasi impossibile accedere in Italia in un contesto di piena legalità: il dispositivo dei corridoi umanitari viene attivato da poche organizzazioni religiose (quali la Comunità di Sant’Egidio e la Federazione delle Chiese Evangeliche e la tavola valdese) solo qualora venga rilevata una condizione di vulnerabilità estrema dei beneficiari (ad esempio, il rischio per la propria vita in un contesto di conflitto); quanto ai migranti autorizzati a fare ingresso in Italia tramite decreto-flussi, il decreto fissa annualmente una quota massima di ingressi in Italia per motivi di lavoro stagionale o per lavoro non stagionale nei settori dell’edilizia e turistico-alberghiero, ma riesce a garantire un accesso legale solo a un numero limitatissimo di persone: innanzitutto, è destinato solo a cittadini dei Paesi che hanno sottoscritto accordi di cooperazione con l’Italia in materia migratoria; inoltre, la quota massima fissata ogni anno si aggira attorno alle 70 mila unità – una cifra irrisoria se confrontata con quella degli ingressi irregolari. I migranti che fanno accesso “irregolarmente” in uno Stato-membro dell’Unione Europea, hanno diritto a fare richiesta di asilo secondo un protocollo condiviso da tutti i paesi dell’Unione, e a procedere così con l’identificazione nel nuovo stato: è questa l’unica via per ottenere una regolarizzazione giuridica. Pertanto, il soggetto dell’analisi è la categoria dei richiedenti asilo.

Vite costrette in un database: l’insensibilità dei dati rilasciati sui confini europei di Rossella Marvulli(2022 Nov 30).

Vite costrette in un database: l’insensibilità dei dati rilasciati sui confini europei di Rossella Marvulli

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2022-11-30

Abstract

Il presente prodotto è un long form intitolato “Vite costrette in un database: l’insensibilità dei dati rilasciati sui confini europei – Le frontiere dell’Unione diventano sempre più intelligenti e automatizzano le identità. Oltre i muri fisici e virtuali, le storie delle persone”. Focus del prodotto è l’analisi delle implicazioni del rilascio dei dati personali e sensibili da parte di cittadini di paesi terzi all’arrivo in Europa, nonché della “viaggio” di tali dati attraverso gli archivi europei a partire dal momento dell’identificazione alle frontiere, e non solo durante la fase di ottenimento di uno status giuridico nell’Unione Europea, ma anche dopo il conseguimento della piena regolarizzazione. Il prodotto analizza dunque l’uso dei dati inseriti all’interno dei dispositivi tecnologici, dei registri digitali, dei database che le Polizie europee e le ONG/associazioni utilizzano in fase di identificazione dei migranti sui nostri confini. Esiste un grande filone di denuncia dell’uso dei dati di una categoria giuridicamente “fragile” come è quella dei migranti irregolari, e all’interno di questo filone rientrano in particolare gli abusi, sia in termini di motivazioni per richiedere la cessione dei dati (spesso senza un’applicazione corretta della normativa GDPR), sia in termini di bias e pregiudizi insiti nelle tecnologie che nel tempo sono state implementate per automatizzare l’identificazione e la raccolta di dati biometrici; tuttavia, la riflessione di questo prodotto vorrebbe essere un po’ più ampia, e riguardare la delicatezza del dato (in particolare, di dati sensibili e personali come sono quelli rilasciati dai migranti ai confini); studi recenti hanno dimostrato che rifugiati e richiedenti asilo effettuano un vero e proprio baratto dei propri dati personali e biometrici in cambio di accoglienza o di informazioni per proseguire il loro viaggio, e anche se avessero la possibilità di fornire un consenso informato e potessero appieno comprendere il motivo del trattamento dei loro dati personali e biometrici sui confini europei, la situazione di vulnerabilità e dimarginalizzazione nella quale si trovano non gli permetterebbe di opporsi o di chiedere modifiche così come è invece possibile fare a qualsiasi regolare cittadino italiano o europeo. Di fronte a questo inevitabile squilibrio di potere giuridico, fino a che punto è lecito cedere i propri dati, e quali, nella fase di identificazione? Il soggetto del long form è dunque la persona migrante che giunge in Italia in maniera “irregolare”, ovvero eludendo i controlli statali alle frontiere, senza le tutele dei corridoi umanitari (dispositivo che consente ai cittadini di paesi terzi di giungere in Europa tramite un viaggio sicuro e di permanere in uno stato-membro con un apposito permesso di soggiorno) e senza le autorizzazioni date ai migranti stagionali in entrata in Italia tramite decreto-flussi. È utile ricordare che, quando si parla di migranti in arrivo in Italia, la categoria degli “irregolari” è di gran lunga quella prevalente, dal momento che è quasi impossibile accedere in Italia in un contesto di piena legalità: il dispositivo dei corridoi umanitari viene attivato da poche organizzazioni religiose (quali la Comunità di Sant’Egidio e la Federazione delle Chiese Evangeliche e la tavola valdese) solo qualora venga rilevata una condizione di vulnerabilità estrema dei beneficiari (ad esempio, il rischio per la propria vita in un contesto di conflitto); quanto ai migranti autorizzati a fare ingresso in Italia tramite decreto-flussi, il decreto fissa annualmente una quota massima di ingressi in Italia per motivi di lavoro stagionale o per lavoro non stagionale nei settori dell’edilizia e turistico-alberghiero, ma riesce a garantire un accesso legale solo a un numero limitatissimo di persone: innanzitutto, è destinato solo a cittadini dei Paesi che hanno sottoscritto accordi di cooperazione con l’Italia in materia migratoria; inoltre, la quota massima fissata ogni anno si aggira attorno alle 70 mila unità – una cifra irrisoria se confrontata con quella degli ingressi irregolari. I migranti che fanno accesso “irregolarmente” in uno Stato-membro dell’Unione Europea, hanno diritto a fare richiesta di asilo secondo un protocollo condiviso da tutti i paesi dell’Unione, e a procedere così con l’identificazione nel nuovo stato: è questa l’unica via per ottenere una regolarizzazione giuridica. Pertanto, il soggetto dell’analisi è la categoria dei richiedenti asilo.
30-nov-2022
2021/2022
Tola, Elisabetta
Mancino, Davide
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