Penso che ci siano più probabilità che vostro figlio si soffochi con una tavoletta di cioccolato che di ammalarsi seriamente a causa del vaccino contro il morbillo. E allora per quale ragione al mondo vi state preoccupando?È il 1986. Roald Dahl, il famoso scrittore di libri per ragazzi, scrive un appello per conto della Sandwell Health Authority, l’autorità sanitaria pubblica del distretto di Sandwell, in Inghilterra. Measles, a Dangerous Illness, questo il titolo. Con un implicito richiamo alle tavolette di cioccolata del mondo immaginario di Willy Wonka e un esplicito riferimento a sua figlia Olivia, lo scrittore si rivolge ai genitori scettici. Più di vent’anni prima Olivia, a soli sette anni, era morta per una complicanza del morbillo: l’encefalite. Nel 2014 le parole dello scrittore tornano a circolare, questa volta, sul web, mentre negli Stati Uniti dilaga una nuova epidemia di morbillo. Oltre 600 casi di morbillo in 27 stati; la maggior parte legati al focolaio scoppiato a Disneyland, in California.2 Molti turisti, molte persone e il virus circola, trovando terreno fertile in sacche di persone non immunizzate. Anche negli Stati Uniti, infatti, che nel 2000 aveva dichiarato “eliminata” la malattia, il morbillo stava rialzando la testa. Tra le cause, senza dubbio, la diffusione di movimenti anti vaccini, in parte focalizzati proprio contro la vaccinazione MPR che protegge da morbillo, parotite e rosolia. I timori atavici nei confronti dei vaccini erano, infatti, stati rinfocolati alla fine degli anni ‘90 dal lavoro del medico inglese Andrew Wakefield. Lo studio3 – pubblicato su Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche al mondo – mostrava in dodici bambini l’associazione tra disturbi intestinali, una sindrome che Wakefield definì “enterocolite autistica”, e varie forme di disturbi dello sviluppo riferibili allo spettro autistico. Di tutti si riferiva anche una vaccinazione con trivalente MPR (morbillo, parotite e rosolia) precedente, con intervalli di tempo variabili, alla comparsa della sintomatologia, secondo quanto riferito dai genitori. Nel 2004 la ricerca di Wakefield fu pubblicamente screditata. Il giornale britannico Sunday Times, infatti, pubblicò un’inchiesta che mostrava il conflitto di interessi dell’autore e sottolineava i limiti del suo lavoro, che nel 2010 – quindi ben 12 anni dopo la pubblicazione dello studio – venne ritirato ufficialmente, seppur lasciato disponibile in rete con una vistosa scritta “rejected” sopra. Nel 2012 al medico inglese fu anche vietato di proseguire la professione medica. Il caso Wakefield ebbe, comunque, un forte impatto sulla controversia contribuendo alla formazione di gruppi e movimenti antivaccinisti. La reticenza a vaccinare i bambini da parte di un numero crescente di famiglie è particolarmente pericolosa, anche rispetto ad altre malattie, perché per bloccare la circolazione del virus occorre che sia immune almeno il 95% delle persone. È la cosiddetta “immunità di gregge”, che sarebbe meglio chiamare “immunità di gruppo”: affinché un individuo suscettibile all’infezione sia protetto, il 95% delle persone intorno a lui deve essere immune (non solo i bambini piccoli, ma anche gli adulti). In questo modo si protegge anche chi, per qualche motivo, non ha potuto vaccinarsi; per esempio, i neonati o i soggetti immuno-compromessi. Sostenere che prendere il morbillo è qualcosa di “naturale” e considerare i casi che si verificano come qualcosa di ovvio “perché così è sempre stato” significa ignorare i rischi della malattia. All’errore contribuiscono vari bias cognitivi e in particolare errori nella percezione del rischio. Si tratta di trappole mentali tipiche del ragionamento umano da cui nessuno di noi è esente. Uno degli argomenti utilizzati, per esempio, da coloro che rifiutano il vaccino è il seguente: “il morbillo non è una malattia mortale. Tutti lo abbiamo avuto da piccoli, e siamo ancora qui, in perfetta salute”. Dal punto di vista logico, l’argomentazione non regge, perché basata su premesse sbagliate, principalmente quella secondo cui una malattia è mortale se e solo se tutti quelli che l’hanno avuta muoiono. Come sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO/OMS), invece, dal 2000 al 2016 la vaccinazione contro il morbillo ha fatto diminuire dell’84% i casi per morbillo, impedendo circa 20,4 milioni di morti.4 Oltre ai costi umani, vanno considerati anche quelli economici: secondo un recente articolo pubblicato su Lancet5, con l’eradicazione del morbillo si risparmierebbero ogni anno >2 miliardi di dollari per i trattamenti evitati e >63 miliardi di dollari in termini di DALY (anni di vita in buona salute guadagnati). Eppure, arrivarci non è facile. A settembre 2016, a Washington la Pan American Health Organization (PAHO) annuncia: il continente americano è la prima area del mondo che ha eliminato la trasmissione endemica del morbillo;6 non significa che non ci siano più casi, ma che questi sono importati dall’estero, e provocano solo piccoli focolai di contagio. Il morbillo non c’è più dunque in Paraguay, in Argentina, in Guatemala, in Perù, ma continua a circolare liberamente in Italia e in molti altri paesi europei, nonostante il forte impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Morbillo e rosolia sono, infatti, malattie sotto programma di eliminazione OMS: anche un singolo caso dovrebbe, dunque, far scattare l’allarme. Queste le raccomandazioni dell’OMS: a) tenere alte le coperture alla nascita (keep-up); b) identificare e recuperare i suscettibili nelle coorti di nascita più grandi (catch-up); c) identificare i focolai epidemici e creare un anello di vaccinati intorno ai casi (mop-up).7 Il picco di casi di morbillo osservato nel 2017 in Italia rientra quindi sicuramente nell’andamento ciclico della malattia – tipico di una popolazione in cui non si raggiunge almeno il 95% di copertura vaccinale – ma non deve per questo essere sottovalutato. Nel momento in cui si può facilmente evitare, neppure un caso di morbillo dovrebbe essere tollerato. A inizio 2017 ovviamente era difficile capire se il picco sarebbe stato simile o peggiore a quelli osservati negli anni epidemici precedenti. Sicuramente si poteva dedurre che le cause erano, principalmente, due: 1) un accumulo di suscettibili fra giovani e adulti; 2) un’insufficiente copertura vaccinale tra i bambini sotto i 24 mesi, ben al di sotto del 95%.8 Che questa sia la copertura necessaria per bloccare la circolazione del virus è un dato scientifico accertato. Quello su cui si può discutere è la migliore modalità da adottare per raggiungere questo obiettivo. Obbligo? Libertà di scelta? Multe per chi non vaccina i propri figli? Questi non saranno gli interrogativi centrali del presente elaborato che, invece, ha l’obiettivo di indagare un aspetto che abbraccia qualsiasi modalità scelta: la comunicazione. In particolare, il presente lavoro vuole offrire una rappresentazione delle modalità di comunicazione utilizzate dalle istituzioni nazionali durante l’ondata di morbillo del 2017 in Italia. Oggetto dell’indagine sono le due istituzioni principali che si occupano di salute, ossia il Ministero della Salute, il cui ministro era all’epoca Beatrice Lorenzin e l’Istituto superiore di Sanità (ISS), il cui presidente è Walter Ricciardi. Il Ministero della salute è l’organo centrale del Servizio sanitario nazionale (SNN) e rappresenta l’elemento di raccordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e con l’Agenzia europea per i medicinali (EMA). L’Istituto superiore di Sanità è, invece, l’organo tecnico-scientifico del SSN ed è posto sotto la vigilanza del Ministero della Salute. La domanda principale alla quale il presente elaborato vuole rispondere è la seguente: come si è sviluppata la comunicazione istituzionale nell’anno 2017 in relazione all’emergenza morbillo? L’elaborato è, in un certo senso, diviso in due parti: nella prima parte illustrerò lo scenario di riferimento (cioè l’epidemia di morbillo del 2017 in Italia); nella seconda, invece, analizzerò la comunicazione istituzionale al riguardo. Alla domanda ‘cosa è successo?’ seguirà, quindi, la domanda ‘come è stato comunicato?’. Dopo aver illustrato il problema del morbillo (§ 1.) e la situazione in Italia nel 2017 (§ 1.1.), indicherò gli obiettivi dell’elaborato (§ 2.) – e la decisione di analizzare la comunicazione istituzionale sotto due prospettive – esplicitando i metodi che utilizzerò per svolgere rispettivamente l’analisi temporale (§ 2.1.) e l’analisi del contenuto (§ 2.2.). Una volta, quindi, inquadrato il problema e delineati gli strumenti usati, passo alla seconda parte dell’elaborato entrando nel vivo dell’analisi. Il primo obiettivo è indagare le eventuali relazioni tra i fatti di cronaca e la comunicazione istituzionale (§ 3.), per cercare di capire se quest’ultima è stata intensificata in particolari momenti (3.1.) Otterrò, così, un elenco con i vari prodotti di comunicazione istituzionale che ruotano intorno al tema del morbillo per il periodo preso in esame. Le fonti utilizzate sono i siti web istituzionali e i social media; in particolare, per quanto riguarda i siti web, il sito web del Ministero della Salute e il sito web di EpiCentro (il portale di epidemiologia dell’ISS); per quanto riguarda i social media, le pagine istituzionali di Facebook e Twitter. Osservato l’andamento temporale della comunicazione, il secondo obiettivo è l’analisi del contenuto per capire che tipo di contenuto è stato veicolato dalle istituzioni. I vari prodotti individuati nell’analisi temporale verranno, cioè, analizzati in profondità. In primo luogo analizzerò i siti web (§ 4.), quindi il sito del Ministero della Salute (§ 4.1.) e il sito di EpiCentro (§ 4.2.). In particolare per il primo, mi concentrerò sulle pagine riguardanti il morbillo (§ 4.1.1) e sui comunicati stampa (§ 4.1.2.); per il secondo, dopo aver illustrato la sezione del sito dedicata al morbillo (§ 4.2.1.), analizzerò i bollettini mensili e settimanali che monitorano l’andamento dell’epidemia (§ 4.2.2.) e le pagine relative agli aspetti epidemiologici (§ 4.2.3). Infine osserverò se esiste e in che modo viene utilizzato lo strumento della newsletter (§ 4.2.5). Questa analisi ci consentirà di trarre dei risultati che evidenziano le caratteristiche della comunicazione istituzionale sui siti web (§ 4.4.). In secondo luogo, mi soffermerò sull’analisi del contenuto presente sui social media (§ 5.): sempre a partire dall’elenco dei diversi post e tweet individuati nell’analisi temporale, analizzerò prima la comunicazione su Facebook (§ 5.1.), poi la comunicazione su Twitter (§ 5.2.) per, infine, esporre i risultati e le eventuali considerazioni (§ 5.3.). L’elaborato si concluderà con una riflessione sulle strategie comunicative utilizzate dalle istituzioni (§ 6.) In particolare l’interrogativo al quale si cercherà di rispondere è il seguente: diversi canali utilizzati – i siti web e i social media – diverse strategie comunicative o, al contrario, cambiando il canale, è rimasta invariata la modalità? Quali canali sono stati privilegiati? I social, a differenza dei siti web, mirano a una comunicazione di tipo interattivo?

Eppur si muore. L'epidemia di morbillo in Italia: analisi della comunicazione istituzionale(2018 Jun 13).

Eppur si muore. L'epidemia di morbillo in Italia: analisi della comunicazione istituzionale

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2018-06-13

Abstract

Penso che ci siano più probabilità che vostro figlio si soffochi con una tavoletta di cioccolato che di ammalarsi seriamente a causa del vaccino contro il morbillo. E allora per quale ragione al mondo vi state preoccupando?È il 1986. Roald Dahl, il famoso scrittore di libri per ragazzi, scrive un appello per conto della Sandwell Health Authority, l’autorità sanitaria pubblica del distretto di Sandwell, in Inghilterra. Measles, a Dangerous Illness, questo il titolo. Con un implicito richiamo alle tavolette di cioccolata del mondo immaginario di Willy Wonka e un esplicito riferimento a sua figlia Olivia, lo scrittore si rivolge ai genitori scettici. Più di vent’anni prima Olivia, a soli sette anni, era morta per una complicanza del morbillo: l’encefalite. Nel 2014 le parole dello scrittore tornano a circolare, questa volta, sul web, mentre negli Stati Uniti dilaga una nuova epidemia di morbillo. Oltre 600 casi di morbillo in 27 stati; la maggior parte legati al focolaio scoppiato a Disneyland, in California.2 Molti turisti, molte persone e il virus circola, trovando terreno fertile in sacche di persone non immunizzate. Anche negli Stati Uniti, infatti, che nel 2000 aveva dichiarato “eliminata” la malattia, il morbillo stava rialzando la testa. Tra le cause, senza dubbio, la diffusione di movimenti anti vaccini, in parte focalizzati proprio contro la vaccinazione MPR che protegge da morbillo, parotite e rosolia. I timori atavici nei confronti dei vaccini erano, infatti, stati rinfocolati alla fine degli anni ‘90 dal lavoro del medico inglese Andrew Wakefield. Lo studio3 – pubblicato su Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche al mondo – mostrava in dodici bambini l’associazione tra disturbi intestinali, una sindrome che Wakefield definì “enterocolite autistica”, e varie forme di disturbi dello sviluppo riferibili allo spettro autistico. Di tutti si riferiva anche una vaccinazione con trivalente MPR (morbillo, parotite e rosolia) precedente, con intervalli di tempo variabili, alla comparsa della sintomatologia, secondo quanto riferito dai genitori. Nel 2004 la ricerca di Wakefield fu pubblicamente screditata. Il giornale britannico Sunday Times, infatti, pubblicò un’inchiesta che mostrava il conflitto di interessi dell’autore e sottolineava i limiti del suo lavoro, che nel 2010 – quindi ben 12 anni dopo la pubblicazione dello studio – venne ritirato ufficialmente, seppur lasciato disponibile in rete con una vistosa scritta “rejected” sopra. Nel 2012 al medico inglese fu anche vietato di proseguire la professione medica. Il caso Wakefield ebbe, comunque, un forte impatto sulla controversia contribuendo alla formazione di gruppi e movimenti antivaccinisti. La reticenza a vaccinare i bambini da parte di un numero crescente di famiglie è particolarmente pericolosa, anche rispetto ad altre malattie, perché per bloccare la circolazione del virus occorre che sia immune almeno il 95% delle persone. È la cosiddetta “immunità di gregge”, che sarebbe meglio chiamare “immunità di gruppo”: affinché un individuo suscettibile all’infezione sia protetto, il 95% delle persone intorno a lui deve essere immune (non solo i bambini piccoli, ma anche gli adulti). In questo modo si protegge anche chi, per qualche motivo, non ha potuto vaccinarsi; per esempio, i neonati o i soggetti immuno-compromessi. Sostenere che prendere il morbillo è qualcosa di “naturale” e considerare i casi che si verificano come qualcosa di ovvio “perché così è sempre stato” significa ignorare i rischi della malattia. All’errore contribuiscono vari bias cognitivi e in particolare errori nella percezione del rischio. Si tratta di trappole mentali tipiche del ragionamento umano da cui nessuno di noi è esente. Uno degli argomenti utilizzati, per esempio, da coloro che rifiutano il vaccino è il seguente: “il morbillo non è una malattia mortale. Tutti lo abbiamo avuto da piccoli, e siamo ancora qui, in perfetta salute”. Dal punto di vista logico, l’argomentazione non regge, perché basata su premesse sbagliate, principalmente quella secondo cui una malattia è mortale se e solo se tutti quelli che l’hanno avuta muoiono. Come sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO/OMS), invece, dal 2000 al 2016 la vaccinazione contro il morbillo ha fatto diminuire dell’84% i casi per morbillo, impedendo circa 20,4 milioni di morti.4 Oltre ai costi umani, vanno considerati anche quelli economici: secondo un recente articolo pubblicato su Lancet5, con l’eradicazione del morbillo si risparmierebbero ogni anno >2 miliardi di dollari per i trattamenti evitati e >63 miliardi di dollari in termini di DALY (anni di vita in buona salute guadagnati). Eppure, arrivarci non è facile. A settembre 2016, a Washington la Pan American Health Organization (PAHO) annuncia: il continente americano è la prima area del mondo che ha eliminato la trasmissione endemica del morbillo;6 non significa che non ci siano più casi, ma che questi sono importati dall’estero, e provocano solo piccoli focolai di contagio. Il morbillo non c’è più dunque in Paraguay, in Argentina, in Guatemala, in Perù, ma continua a circolare liberamente in Italia e in molti altri paesi europei, nonostante il forte impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Morbillo e rosolia sono, infatti, malattie sotto programma di eliminazione OMS: anche un singolo caso dovrebbe, dunque, far scattare l’allarme. Queste le raccomandazioni dell’OMS: a) tenere alte le coperture alla nascita (keep-up); b) identificare e recuperare i suscettibili nelle coorti di nascita più grandi (catch-up); c) identificare i focolai epidemici e creare un anello di vaccinati intorno ai casi (mop-up).7 Il picco di casi di morbillo osservato nel 2017 in Italia rientra quindi sicuramente nell’andamento ciclico della malattia – tipico di una popolazione in cui non si raggiunge almeno il 95% di copertura vaccinale – ma non deve per questo essere sottovalutato. Nel momento in cui si può facilmente evitare, neppure un caso di morbillo dovrebbe essere tollerato. A inizio 2017 ovviamente era difficile capire se il picco sarebbe stato simile o peggiore a quelli osservati negli anni epidemici precedenti. Sicuramente si poteva dedurre che le cause erano, principalmente, due: 1) un accumulo di suscettibili fra giovani e adulti; 2) un’insufficiente copertura vaccinale tra i bambini sotto i 24 mesi, ben al di sotto del 95%.8 Che questa sia la copertura necessaria per bloccare la circolazione del virus è un dato scientifico accertato. Quello su cui si può discutere è la migliore modalità da adottare per raggiungere questo obiettivo. Obbligo? Libertà di scelta? Multe per chi non vaccina i propri figli? Questi non saranno gli interrogativi centrali del presente elaborato che, invece, ha l’obiettivo di indagare un aspetto che abbraccia qualsiasi modalità scelta: la comunicazione. In particolare, il presente lavoro vuole offrire una rappresentazione delle modalità di comunicazione utilizzate dalle istituzioni nazionali durante l’ondata di morbillo del 2017 in Italia. Oggetto dell’indagine sono le due istituzioni principali che si occupano di salute, ossia il Ministero della Salute, il cui ministro era all’epoca Beatrice Lorenzin e l’Istituto superiore di Sanità (ISS), il cui presidente è Walter Ricciardi. Il Ministero della salute è l’organo centrale del Servizio sanitario nazionale (SNN) e rappresenta l’elemento di raccordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e con l’Agenzia europea per i medicinali (EMA). L’Istituto superiore di Sanità è, invece, l’organo tecnico-scientifico del SSN ed è posto sotto la vigilanza del Ministero della Salute. La domanda principale alla quale il presente elaborato vuole rispondere è la seguente: come si è sviluppata la comunicazione istituzionale nell’anno 2017 in relazione all’emergenza morbillo? L’elaborato è, in un certo senso, diviso in due parti: nella prima parte illustrerò lo scenario di riferimento (cioè l’epidemia di morbillo del 2017 in Italia); nella seconda, invece, analizzerò la comunicazione istituzionale al riguardo. Alla domanda ‘cosa è successo?’ seguirà, quindi, la domanda ‘come è stato comunicato?’. Dopo aver illustrato il problema del morbillo (§ 1.) e la situazione in Italia nel 2017 (§ 1.1.), indicherò gli obiettivi dell’elaborato (§ 2.) – e la decisione di analizzare la comunicazione istituzionale sotto due prospettive – esplicitando i metodi che utilizzerò per svolgere rispettivamente l’analisi temporale (§ 2.1.) e l’analisi del contenuto (§ 2.2.). Una volta, quindi, inquadrato il problema e delineati gli strumenti usati, passo alla seconda parte dell’elaborato entrando nel vivo dell’analisi. Il primo obiettivo è indagare le eventuali relazioni tra i fatti di cronaca e la comunicazione istituzionale (§ 3.), per cercare di capire se quest’ultima è stata intensificata in particolari momenti (3.1.) Otterrò, così, un elenco con i vari prodotti di comunicazione istituzionale che ruotano intorno al tema del morbillo per il periodo preso in esame. Le fonti utilizzate sono i siti web istituzionali e i social media; in particolare, per quanto riguarda i siti web, il sito web del Ministero della Salute e il sito web di EpiCentro (il portale di epidemiologia dell’ISS); per quanto riguarda i social media, le pagine istituzionali di Facebook e Twitter. Osservato l’andamento temporale della comunicazione, il secondo obiettivo è l’analisi del contenuto per capire che tipo di contenuto è stato veicolato dalle istituzioni. I vari prodotti individuati nell’analisi temporale verranno, cioè, analizzati in profondità. In primo luogo analizzerò i siti web (§ 4.), quindi il sito del Ministero della Salute (§ 4.1.) e il sito di EpiCentro (§ 4.2.). In particolare per il primo, mi concentrerò sulle pagine riguardanti il morbillo (§ 4.1.1) e sui comunicati stampa (§ 4.1.2.); per il secondo, dopo aver illustrato la sezione del sito dedicata al morbillo (§ 4.2.1.), analizzerò i bollettini mensili e settimanali che monitorano l’andamento dell’epidemia (§ 4.2.2.) e le pagine relative agli aspetti epidemiologici (§ 4.2.3). Infine osserverò se esiste e in che modo viene utilizzato lo strumento della newsletter (§ 4.2.5). Questa analisi ci consentirà di trarre dei risultati che evidenziano le caratteristiche della comunicazione istituzionale sui siti web (§ 4.4.). In secondo luogo, mi soffermerò sull’analisi del contenuto presente sui social media (§ 5.): sempre a partire dall’elenco dei diversi post e tweet individuati nell’analisi temporale, analizzerò prima la comunicazione su Facebook (§ 5.1.), poi la comunicazione su Twitter (§ 5.2.) per, infine, esporre i risultati e le eventuali considerazioni (§ 5.3.). L’elaborato si concluderà con una riflessione sulle strategie comunicative utilizzate dalle istituzioni (§ 6.) In particolare l’interrogativo al quale si cercherà di rispondere è il seguente: diversi canali utilizzati – i siti web e i social media – diverse strategie comunicative o, al contrario, cambiando il canale, è rimasta invariata la modalità? Quali canali sono stati privilegiati? I social, a differenza dei siti web, mirano a una comunicazione di tipo interattivo?
13-giu-2018
2017/2018
Bradascio, Maria Teresa
Villa, Roberta
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